Semplifica Magazine



8 Ottobre 2018

Preuso del segno distintivo: marchio ingannevole e decettivo

Il diritto all’uso esclusivo del segno distintivo è tutelato anche per chi ha utilizzato il marchio senza mai registrarlo; la registrazione si pone su un piano diverso da quello del diritto al preuso, pertanto può anche essere dichiarata nulla, per decettività, rispetto ai segni confliggenti.

Qualora la domanda di marchio ingannevole o decettivo riesca a superare l’esame da parte dell’UIBM, potrà comunque essere dichiarato nullo dall’Autorità Giudiziaria su domanda di chiunque ne abbia interesse.

In ambito comunitario, l’impedimento assoluto alla registrazione, che deve essere valutato dall’Ufficio dell’Unione Europea per la proprietà intellettuale nel corso dell’esame della domanda di marchio. Nel caso il marchio sia concesso, può esserne dichiarata la nullità su domanda di chiunque vi abbia interesse. L’ingannevolezza sussiste anche se il marchio dell’Unione Europea sia ingannevole in una sola lingua oppure in una sola parte della Unione Europea.

Qualora la registrazione decettiva sia dichiarata nulla, il preutente che aveva provveduto a formalizzarla, non perde il diritto di continuare a far uso del segno, specie laddove, sia venuto meno anche il conflitto.

(Corte di Cassazione, sentenza n.2499/18; cfr link in calce).

La citata sentenza trae origine dal contenzioso tra la società statunitense Anheuser-Busch LLC (A.B.), produttrice di birra, e l’ente pubblico della Repubblica Ceca Budweiser Budvar (B.B.). La vicenda giudiziale incardinata dalla società statunitense A.B. nei confronti dell’ente pubblico della Repubblica Ceca, anch’esso produttore di birra, riguardava la commercializzazione da parte di quest’ultimo, sul mercato italiano di birre con il marchio “Budweiser”.

La società A.B. richiedeva quindi anche la nullità di tre marchi internazionali, registrati da B.B., per difetto di novità, dato che il termine era pre – utilizzato da A.B.  da almeno un decennio (preuso accertato con sentenza del Tribunale prima e della Corte di Appello di Milano poi).

Il marchio Budweiser, veniva utilizzato da B.B. in virtù delle registrazioni delle privative industriali e sul riconoscimento come denominazione di origine geografica protetta riferibile a Budweis, termine che storicamente identificava un’area, ma non più utilizzato dal 1919.

La Corte di Cassazione, ha stabilito che il preuso di un marchio di fatto con notorietà nazionale comporti tanto il diritto all’uso esclusivo da parte del preutente, quanto l’invalidità del marchio successivamente registrato ad opera di terzi, venendo in tal caso a mancare il carattere della novità.

Nel caso di specie la valutazione di nullità della registrazione, aveva evidenziato come fosse accertata la rottura del nesso evocativo del c.d. milieu veicolato dalle indicazioni geografiche comportando quindi la piena espansione del diritto di preuso.

Così è stato anche per il marchio Cotonelle che era stato registrato per contraddistinguere esclusivamente prodotti cartacei (privi di qualsiasi fibra di cotone) ed era stato ritenuto nullo (Corte di Cassazione, sentenza n. 3276 del 9 aprile 1996) in quanto evocativo della presenza del cotone e, quindi, ingannevole per i consumatori.

Le ipotesi più frequenti di decettività del marchio sono legate all’indicazione non veritiera della sua provenienza geografica, soprattutto se questa abbia rilievo agli occhi dei consumatori.

Nel caso, invece, la provenienza geografica non abbia alcun rilievo per il consumatore, ne è ammesso l’uso come marchio (o come componente del marchio) in quanto ritenuto elemento di fantasia (si pensi alle penne Mont Blanc o alle sigarette Capri).

 

https://www.laleggepertutti.it/sentenza/cassazione-civile-n-2499-del-01-02-2018.

 

Articolo dell’ avv. Veronica Fernandes – Senior Executive Intellectual Property